
Perché occuparsi di Dio
ne va dell'umano
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A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?»
Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia
Francesco Bertoldi
Un desiderio ineliminabile
il finito (finire nel nulla) non ci appaga
Ognuno di noi è desiderio di felicità piena e stabile, e questa non può trovarsi nella vita presente, che è per molti aspetti bella e attraente, ma è anche segnata dal male (ingiustizia, egoismi, violenze, sopraffazioni, menzogne, superficialità, solitudini) e in ogni caso finisce inevitabilmente, e oltretutto imprevedibilmente (non sappiamo «né il giorno né l'ora»), con quella cosa non certo simpatica che si chiama morte, che, se fosse l'ultima parola, annienterebbe il desiderio di felicità senza fine, che ci costituisce.
Un problema di tutti
non è per chi ha “crisi mistiche”
Non è questione di essere ricchi o poveri, fortunati o meno. Non è che alcuni oltre ai normali problemi della vita, hanno in più il problema religioso. Come se porsi tale problema fosse indizio di patologia (come quando si parla di avere una “crisi mistica”).
Tutti infatti siamo segnati dal male, e tutti dobbiamo morire. Dunque non regge l'idea che il rivolgersi a Dio sarebbe una consolazione per gli sfortunati o i poveri: se con la morte finisse tutto, verrebbe meno qualcosa a cui noi non possiamo tenere come il massimo dei beni. Ed è solo una imperdonabile superficialità che può non rendersene conto.
Dunque dobbiamo fare ogni sforzo possibile per sapere, con la maggior precisione possibile, se con la morte finisce tutto o no.
che cosa c'entra Dio?
Solo Dio può assicurare che il nostro desiderio di felicità totale non vada frustrato.
La metempsicosi ℹ ossia la trasmigrazione delle anime, da un corpo all'altro non sarebbe la soluzione
Qualcosa di meno sarebbe troppo poco. La sopravvivenza dell'anima, ad esempio, come la pensa la metempsicosi, quale la poteva pensare Platone, è troppo poco:
- anzitutto perché noi non siamo pure anime, ma il corpo (e tutta la concretezza che gli è legata, come la nostra storia, gli affetti, gli incontri) è parte integrante della nostra personalità;
- e poi il vagare interminabile dell'anima da un corpo all'altro, protraendo indefinitamente il male che comunque caratterizza la vita presente, non potrebbe darci quella piena felicità che desideriamo;
- senza contare che l'universo è destinato comunque a finire, e quindi aver vissuto, soffrendo sempre nuove sofferenze, per 15 miliardi di anni, per poi finire nel nulla, sarebbe solo uno spostare un po' più in là il limite, senza risolvere il problema.
solo l'Infinito potrebbe rispondere
Solo andando oltre il finito si può avere quella felicità infinita che non possiamo non desiderare. Ma per andare oltre il finito occorre che esista l'Infinito, l'Infinitamente perfetto, il Mistero.