S.Carlo Borromeo

La Chiesa tridentina

una sistematica parzialità

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«La Chiesa ha cominciato a abbandonare l'umanità
(...) perché ha dimenticato chi era Cristo, (...)
ha avuto vergogna di Cristo, di dire chi è Cristo»
L.Giussani, intervista su Tracce 2004/10, pp. 12

introduzione

Per periodo tridentino non si intende solo quello in cui si svolse il Concilio di Trento, ma soprattutto quello che ne seguì, da quello influenzato. Il suo tratto essenziale fu una ossessiva volontà di contrapporsi al protestantesimo, accentuando in modo unilaterale e sblianciato i tratti simmetricamente opposti a quello. Da ciò seguirono un tendenziale razionalismo e un tendenziale moralismo, che tanto compromisero la credibilità dell'annuncio cristiano nei secoli moderni. Anche in tali secoli peraltro non mancarono numerosi e grandi Santi, la cui esperienza fu molto più autentica della interpretazione che essi stessi finirono col darne

lo spirito controversistico

La Chiesa cattolica nel periodo tridentino (dal Concilio di Trento al Vaticano II) è dominata da uno spirito controversistico, per cui invece di tendere alla pienezza della verità cristiana, alla totalità cattolica, si preferisce accentuare unilateralmente ciò che contrappone al protestantesimo, considerato come una pura e semplice eresia (tesi quest'ultima che sarà superata solo col Concilio Vaticano II, che promuoverà il dialogo ecumenico):

  • se il protestantesimo negava il libero arbitro, il cattolicesimo controriformista, per reazione, lo esaltava un po' unilateralmente, finendo col rischiare il moralismo («mi salvo se, e in quanto, sono bravo», con la mia forza di volontà);
  • se il protestantesimo negava la presenza reale nell'Eucarestia, il cattolicesimo tridentino la esaltava rischiando di scorporarla dalla totalità della Chiesa (che diventava così Corpo mistico, dimenticando che è lei il primo Corpo reale di Cristo);
  • se il protestantesimo puntava tutto sulla lettura diretta della Bibbia da parte del singolo fedele, il cattolicesimo controriformista la sconsigliava del tutto.
  • se il protestantesimo negava il culto dei Santi, il cattolicesimo tridentino lo accentuava, al punto da mettere in ombra la centralità di Cristo: si veda ad esempio la stessa struttura architettonica delle chiese barocche, in cui le tante cappelle laterali dedicate ai Santi attirano l'attenzione più dell'altare maggiore.

una proposta riduttiva

In conseguenza a questa ossessiva preoccupazione di contrapporsi al protestantesimo invece che di recuperare la pienezza del Cristianesimo, la Chiesa tridentina scivola verso un modo di proporre il Cristianesimo.

Il punto di partenza non è più, come nel Cristianesimo delle origini, lo stupore per l'incontro con la singolarità di un Avvenimento imprevedibile, ma è il dovere di osservare la legge morale, la sua ripetitiva universalità, soprattutto per paura del castigo eterno, dell'Inferno.

Quest'ultimo è un punto importante: la vera motivazione per fare il bene e evitare il male è la gratitudine per il Mistero che vuole il nostro bene più di quanto lo vogliamo noi stessi, mentre la paura dell'Inferno, che pure ha un suo valore, dovrebbe essere in secondo piano.

Nella Chiesa tridentina invece il tema dell'Inferno e dell'ira di Dio diventa spesso il motivo prevalente, se non esclusivo, dell'agire del credente.

una esemplificazione pittorica

San Carlo
San Carlo Borromeo

Prima di vedere più in dettaglio alcuni elementi dell'impostazione teologica tridentina, si potrebbe commentare il dipinto di San Carlo Borromeo qui accanto come emblematico della spiritualità tridentina. Potete cliccare sulla stessa per vederla intera.

Il santo è raffigurato su uno sfondo totalmente nero (come è tipico di molti quadri barocchi), e questo può essere visto come sintomatico di una sfiducia nella bontà del reale, del concreto, cioè del prevalere di un atteggiamento di paura.

Significativamente l'atteggiamento estatico del santo suggerisce che l'unico modo di rapportarsi al Cielo è fuggire dalla Terra: del Mistero come avvenimento carnale non rimane che un vago ricordo.

Un altro dettaglio: il Cielo con cui il santo si rapporta non è Cristo, o Sua Madre Santissima, ma sono degli angeli, raffigurati come dei “putti”, dei bambinetti. Romano Guardini osservava che in età moderna l'angelo non ha più il potere terribile che ancora Dante nella Divina Commedia gli riconoce (il “messo” “dal ciel”), ma diventa appunto un inoffensivo e debole putto. Anche questo, tornando al nostri dipinto, segno che più che aderire alla potente Iniziativa di un Altro, ci tocca rimboccarci le maniche e fare “come se tutto dipendesse da noi”.

Da notare anche il teschio su cui il santo tiene la mano: ancora un sintomo che la motivazione prevalente per aderire al Cristianesimo è la paura, e non la gioia e la gratitudine per un incontro nella realtà concreta, che permette di sperimentare il centuplo quaggiù.

il razionalismo teologico

Veniamo a un punto più specifico: la teologia prevalente in età tridentina è una versione marcatamente nel senso che non si trattò di un vero e proprio pensiero naturalistico, che escludesse il soprannaturale, ma di un pensiero tendente al naturalismo“naturalisticheggiante” e anche qui fu una tendenza al razionalismo, non una vera esclusione del mistero“razionalisticheggiante” del tomismo barocco, ossia un pensiero che pretendeva di rifarsi a Tommaso d'Aquino, ma che se ne allontanava non poco.

Per questa impostazione l'ambito naturale, conoscibile razionalmente, occupa tutta la scena e manda il soprannaturale talmente in secondo piano, lo rende talmente inincidente sulla realtà concreta, da farlo apparire poco credibile.

Il soprannaturale, l'avvenimento cristiano, è ridotto a una sorta di soprammobile, di orpello sostanzialmente inutile. La vita morale è data dalla obbedienza alla universalità della legge (morale naturale, razionalmente conosciuta), ben più che dalla adesione a una singolarità imprevedibile e eccedente le misure umane.

qualche ragguaglio “tecnico”

Tecnicamente questa impostazione poggia sul concetto, criticato da de Lubac, di natura pura: è impossibile che l'uomo desideri qualcosa che non può raggiungere con le sue forze. Ogni essere infatti ha come fine desiderato solo ciò che può raggiungere con le sue forze naturali. E il soprannaturale non lo è. Quindi non ci può essere in noi il desiderio del soprannaturale, ossia il desiderio dell'Infinito (perché il soprannaturale è infinito, è il Mistero in quanto si partecipa alla creatura, infinitizzandola per puro dono).

Questo ragionamento non è totalmente illogico, tuttavia pretende di inserire il caso dell'uomo nel caso più generale degli esseri naturali, scartando la stessa possibilità che ci possa essere una eccezione alla regola: quella della natura umana, caso unico tra quelli a noi conoscibili, che è protesa, pensava il pensiero cristiano delle origini fino a Tommaso d'Aquino, come ha documentato de Lubac, oltre sé, è protesa verso un Fine che la trascende e tale Fine desidera. Nel senso che senza tale Fine rimane insoddisfatta e inquieta («inquietum est cor nostrum», notava Agostino).

Se il Cristianesimo infatti non venisse incontro a una esigenza umana (quella di felicità infinita) che interesse potrebbe suscitare? Perché dovrebbe interessarci? Per la paura dell'Inferno, al limite. Ma è una motivazione molto angusta e riduttiva.

I fautori della natura pura sostenevano che se nell'uomo, se nella natura umana, ci fosse il desiderio del soprannaturale, ci sarebbe l'esigenza del soprannaturale, e quindi Dio sarebbe costretto a “concederlo”. E questo contraddirebbe la caratteristica del soprannaturale di essere un puro dono, una grazia non esigibile. Ma a questa obiezione si può rispondere che è Dio stesso che creando l'uomo lo ha destinato a un destino che va oltre la sua natura finita, lo ha destinato a partecipare alla Sua stessa vita divina. Quindi Dio non si è obbligato a nulla che non abbia voluto Lui stesso.

il moralismo

Il moralismo della Chiesa tridentina ha come asse portante il pensare che

  1. il problema della vita è rapportarsi alla legge morale piuttosto che al Tu di Cristo,
  2. una legge da osservare essenzialmente con le proprie forze, piuttosto che come accoglienza della Iniziativa di un Altro,
  3. e da osservare non per una gratitudine a Uno che mi vuole bene, ma per paura dell'Inferno.
  4. Se il punto decisivo non è quindi il rapporto libero e grato al Tu di Cristo, ma la rigorosa osservanza della oggettività delle legge, diventa possibile forzare la gente a comportarsi nel modo corretto.
  5. E questo corretto comportamento più che nel perseguire del positivo, consiste nell'evitare del negativo.

qualche esempio: l'impositività

Riguardo alla impositività (4 punto) derivante dalla impostazione tridentina, si può vedere il finale della Professio fidei tridentina

Hanc veram Catholicam Fidem, extra quam nemo salvus esse potest, quam in praesenti sponte profiteor et veraciter teneo, eandem integram, et immaculatam usque ad extremum vitae spiritum, constantissime, Deo adiuvante, retinere et confiteri, atque a meis subditis, vel illis, quorum cura ad me in munere meo spectabit, teneri, doceri et praedicari, quantum in me erit, curaturum, ego idem N. spondeo, voveo ac iuro. Sic me Deus adiuvet et haec sancta Dei Evangelia. Questa vera cattolica fede, fuori della quale nessuno può essere salvo, che ora spontaneamente professo e ammetto con convinzione, io prometto, mi impegno e giuro, con l’aiuto di Dio, di mantenere e conservare tenacissimamente integra ed immacolata fino all’ultimo respiro di vita, e di procurare, per quanto sta in me, che sia ritenuta, insegnata e predicata ai miei soggetti e a coloro di cui mi sarà affidata la cura nel mio ministero: così faccio voto, così prometto e giuro.

Professio fidei tridentina (dalla Bolla Iniunctum nobis, di Pio IV)

Si può notare anche in questo breve testo come la fede sia qualcosa che uno si impone (si notino tutte le parole che esprimono uno sforzo della volontà: “con ferma fede”, “mi impegno” “tenacissimamente”) e che impone, ad altri, ai suoi sottoposti (si impegna a far sì che i suoi sottoposti professino la vera fede). Siamo ben lontani dalla fede come “riconoscimento di una Presenza”: qui è la volontà di credere che ha la prevalenza.

San Carlo digiuna
San Carlo digiuna

E questa tendenza impositiva non restava solo sulla carta: per restare al già citato San Carlo Borromeo, si può notare come fosse forte in lui la spinta a costringere gli altri a fare il bene, o meglio a evitare il male. Ad esempio egli era molto esigente sulla più rigorosa osservanza del digiuno quaresimale da parte di coloro che lo attorniavano. Qualcuno ha scritto che

«obbligava tutti, in periodo quaresimale, a fare estenuanti digiuni, dimostrando disprezzo per la vita terrena (...). A causa di questi eccessi, perse la salute lui stesso (morendo infatti a soli 46 anni), e pure la sorella prediletta, Anna (morta a soli 32 anni proprio al termine dei digiuni quaresimali).»

Gianni Zacevini

La prevalenza dell'iniziativa umana sulla accoglienza dell'Iniziativa divina è visibile anche nell'ossessione che San Carlo pare abbia dimostrato verso le sempre il citato Gianni Zacevini sostiene che «A Lecco, nel 1569, in una delle sue visite pastorali, fece arrestare otto donne, “accusate di aver fatto morire fanciulli e bestiame, di aver calpestato il crocifisso e l’immagine della Madonna, di aver rubato ostie consacrate e di aver fatto molti altri fatti strani” e di aver “commesso ogni sorta di lussuria, con quei loro demoni incubi”. Per lui, il processo era da considerarsi un’inutile perdita di tempo, poiché, sotto tortura, quelle donne avrebbero confessato qualunque nefandezza. Carlo Borromeo, volle a tutti i costi mandarle al rogo per stregoneria, essendo state giudicate (sotto tortura) ree confesse. Ma il Papa Pio V a Roma, non meno terribile di lui, riuscì a fermarlo. Fatto esaminare il caso di Lecco dal Sant’Uffizio, il processo sommario imbastito dal Borromeo, venne invalidato, soprattutto per l’assenza del corpo del reato. La sentenza fu annullata e le otto donne (per loro fortuna), liberate»streghe, come pure la sua paura del contatto con donne, dalle quali pare cercasse di tenersi sempre a debita distanza.

La tendenza impositiva del Borromeo pare sia stata alla radice dei contrasti che ebbe sia col potere civile, che egli pretendeva gli fosse sottomesso, sia con una parte del clero ambrosiano (ad esempio i canonici di Madonna della Scala).

un tendenziale naturalismo

Guido Reni San Giuseppe
S.Giuseppe, vecchio

Ma che la spiritualità tridentina privilegiasse l'iniziativa umana rispetto a quella divina, che molto tenue fosse la percezione che è il Mistero il protagonista della storia e della vita, lo possiamo vedere da una certa iconografia, che esprime appunto una sfiducia nella potenza della Grazia.

Basta osservare come venne da molti artisti, di epoca e di sensibilità tridentina, raffigurato san Giuseppe (il dipinto che vedete a fianco è di Guido Reni, attorno al 1635): viene dipinto come un vecchio. Solo un vecchio infatti, in cui si presume ormai spento il fuoco della passione carnale, poteva vivere con la Madre di Gesù e restare casto.

Come se la Grazia di Dio non avesse potuto rendere casto un San Giuseppe giovane: ma allora la sua castità poggiava tutta sulla natura. Su espedienti naturali. E non sulla Grazia. Su un ritrovato umano, naturalistico, e non sulla potenza dell'Altro.

Coerentemente con questa oggettiva sfiducia nel primato della Iniziativa divina si può considerare anche la tendenza a dividere ragazzi e ragazze. Ancora negli anni '50 del XX secolo Don Giussani dovette affrontare non poche resistenze a portare in vacanza insieme ragazzi e ragazze. La cosa appariva scandalosa: trovandosi insieme, non avrebbero potuto “resistere alla tentazione”. Altro esempio, questo, di una modalità di vivere il Cristianesimo più poggiante sui propri ritrovati ascetici, che sulla adesione alla Iniziativa di un Altro, la cui potenza può ciò che la natura ferita non può.

non solo ombre

Quanto fin qui detto riguarda aspetti negativi, “ombre”, della “Chiesa tridentina”. Ma ovviamente questi aspetti sono ben lungi dall'esaurirne la realtà, che vide anche molti aspetti positivi: si pensi al grande sviluppo di opere caritative e assistenziali promosso dal cattolicesimo di quell'epoca.

O si si pensi ai grandi Santi dell'epoca tridentina: ai mistici carmelitani, a Ignazio di Loyola, a Filippo Neri, a Camillo de Lellis, a Giovanni Maria Vianney, per non citarne che alcuni.

Poi ci furono Santi che anticiparono l'uscita dal periodo tridentino: pensiamo a Teresina di Lisieux, o allo stesso Giovanni Bosco (i cui metodi furono ben più fiduciosi nella Grazia divina di quanto pensasse molta spiritualità controriformista).

  • Il periodo tridentino venne superato, a livello di Magistero, col Concilio Vaticano II.
  • Importante, per il suo superamento, a livello teologico, fu il lavoro di Henri de Lubac.
  • Dal punto di vista concreto, rappresentano un superamento della impostazione tridentina i movimenti ecclesiali.

📚 Bibliografia essenziale

  • Michael Chinigo, Il papa ha detto. Insegnamenti di Pio XII, Rocca San Casciano 1955(compra su amazon).
  • Henri De Lubac, Augustinisme et théologie moderne, Paris 1965, tr.it. Agostinismo e teologia moderna, Jaca Book, Milano 1978 (compra su amazon).
  • Johann Adam Möhler, Symbolik. oder Darstellung der dogmatischen Gegensätze der Katholiken und Protestanten, nach ihren öffentlichen Bekenntnißschriften, Mainz 1832, tr.it. Simbolica, Jaca Book, Milano 1984 (compra su amazon).
  • Hans Urs von Balthasar, Schleifung der Bastionen, Einsiedeln 1952, tr.it. Abbattere i bastioni, , (compra su amazon).

🎬 Filmografìa

Films collegati al tema sono, tra gli altri:

  • locandina del filmPatrice Chéreau, La Reine Margot, (tr.it. La regina Margot), (compra su amazon)1994 (Una vivida rappresentazione della drammatica, sanguinosa guerra di religione nella Francia di fine '500, tra Ugonotti e Cattolici).
  • locandina del filmBrian De Palma, Carrie, (tr.it. Carrie - Lo sguardo di satana), (compra su amazon)1976.
  • locandina del filmMichael Haneke, Das weiße Band - Eine deutsche Kindergeschichte, (tr.it. Il nastro bianco), (compra su amazon)2009.

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