Giovanni Paolo II in piazza S.Pietro

I movimenti ecclesiali

Una risorsa tutta da scoprire

«Era necessario che il quotidiano diventasse eroico»
(Giovanni Paolo II, Omelia per il centenario di San Benedetto, 23 marzo 1980)

Movimenti ecclesiali e ordini religiosi

analogie sì, ma fino a un certo punto

Un primo punto da chiarire è fino a che punto i movimenti ecclesiali rappresentino una novità rispetto a quell'altro fenomeno carismatico, da tempo presente nella vita della Chiesa, che sono gli ordini religiosi.

Si parla infatti spesso, nel mondo cattolico, di una analogia tra gli ordini religiosi e i movimenti ecclesiali fioriti nel '900. È innegabile, da un lato che si tratti, in entrambi i casi, di fenomeni carismatici. Tuttavia, d'altro lato, le analogie non vanno spinte oltre un certo limite.

I movimenti ecclesiali laicali nati nel '900, almeno nella interpretazione che ne davano i loro fondatori, sono ritenuti lo strumento con cui lo Spirito Santo è intervenuto per ravvivare la vita della Chiesa tutta, rendendo nuovamente vive delle dimensioni della vita cristiana che col tempo, soprattutto in età tridentina, erano andate appannandosi e logorandosi. La Chiesa tridentina in effetti era andata scivolando su posizioni che inclinavano pericolosamente in una naturalismo razionalistico e moralistico. Facendo così perdere il fascino del cristianesimo delle origini.

Che cosa significano tali analogie e tali differenze? In estrema sintesi

Diverse sensibilità nella Chiesa verso i movimenti

Sarebbe inutile cercare di nascondersi che i pontefici più recenti abbiano avuto un diverso atteggiamento verso il fenomeno dei movimenti ecclesiali:

Questo va tenuto presente quando si parla de “la Chiesa”, come in espressioni quali «ce lo chiede la Chiesa». La Chiesa è una realtà misteriosa, divino-umana. Per cui l'azione effettiva di chi, nella Chiesa, occupa un certo ruolo, ad esempio di pastore, di guida, vede inevitabilmente una mescolanza di fattore divino, infallibile, e di fattore umano, fallibile perché condizionato da elementi particolarizzanti, come la storia personale, il temperamento, il contesto, gli incontri fatti e la propria libertà, ineliminabile in ogni essere umano, anche in chi occupa incarichi di responsabilità. Questo non deve né scandalizzare, né angosciare: lo stesso primo Sommo Pontefice, Pietro, ebbe i suoi limiti, temperamentali e morali, tanto che rinnegò «per tre volte» il Maestro.

Certo, quando un Pontefice impegna tutta la autorità conferitagli da Cristo, cioè quando definisce solennemente dei dogmi, egli gode della infallibilità. Lì il fattore divino emerge al suo massimo grado. E grazie a Dio, anche in documenti e scelte meno solenni, come le Encicliche, le sue parole vanno accolte con il massimo rispetto. Anche perché, grazie a Dio, abbiamo avuto ed abbiamo comunque dei Sommi Pontefici decisamente illuminati.

Ma non ogni presa di posizione di un Pontefice gode della stessa infallibilità di quando definisce solennemente dei dogmi. Il fattore umano ha una incidenza tanto maggiore quanto più ci si allontana dai grandi principi generali (dogmatici e morali) per scendere verso valutazioni e decisioni di tipo particolare e contingente. Tanto più se su tali valutazioni incidono Un esempio lapalissiano, relativo al massimo della particolarità contingente: un papa che guardasse alla TV una partita di calcio, in cui magari gioca la “sua” nazionale, e pensasse che l'arbitro abbia sbagliato a fischiare un rigore ai danni appunto della “sua” nazionale, potrebbe ben non essere infallibile in tale valutazione.fattori particolarizzanti.

Specificità dei movimenti

le ragioni di una ostilità

Si è già ricordato che i movimenti ecclesiali sono stati riconosciuti come fenomeni autenticamente carismatici, di grazia gratis data da pontefici come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Questo non toglie che molti cattolici, e molto clero abbiano continuato a “storcere” il naso nei loro confronti. E nemmeno questo deve scandalizzare: ci può stare che nella Chiesa esistano diverse sensibilità, senza che ciò diventi un'obiezione. Divisioni e contrapposizioni nella Chiesa sono sempre esistite: si pensi ad esempio all'opposizione che molto “clero secolare” manifestò nei confronti del “clero regolare” (all'Università di Parigi, nel XIII secolo), una opposizione, mossa da gelosia, che più in generale molto clero nutrì verso gli ordini mendicanti. Qualcosa di analogo accadde quando si scontrarono le teorie di Molina (e di molti gesuiti) e quelle prevalenti nell'ordine domenicano, riguardo al rapporto provvidenza divina / libertà. O, ancora, si pensi al profondo scontro tra una sensibilità, austeramente rigorista, come quella di Pascal (e dei giansenisti) e quella “dei gesuiti”, di manica più larga verso le debolezza umane.

Quello che però è oggettivamente negativo è laddove l'ostilità verso un certo “stile” cristiano nasca da gelosia e rancore. Vale la pena soffermarsi su questo punto.

Un fenomeno carismatico implica che a qualcuno sia dato (per pura grazia di Dio, una grazia gratis data) qualcosa che ad altri non è dato. Tale grazia carismatica è data, ricordiamolo, non perché ristagni sterilmente nel suo primo destinatario, ma perché da questi venga il più possibile partecipata. Ma per parteciparne uno deve umilmente seguire un altro, il che implica riconoscere che l'altro ha qualcosa che lui non ha.

Appunto qui si situa l'azione del Maligno, il diavolo, che tende a favorire la superbia piuttosto che l'umiltà, l'orgogliosa pretesa di autosufficienza, l'odio per la dipendenza da altro da sé.

l'essenza di un carisma

Il carisma è un dono dall'alto, un dono dello Spirito Santo, non è l'esito di uno sforzo umano, il prodotto di una corretta geometria concettuale, il frutto di una ben coordinata programmazione pastorale. Non è un fuoco che si possa cercare di accendere picchiando nel modo più energico delle pietre focaie, per quanto titanico e insonne sia lo sforzo profuso. Viene in mente al riguardo l'episodio della sfida tra il profeta Elia e i sacerdoti di Baal:

«Elia disse ancora al popolo: “Io sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Ci vengano dati due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Invocherete il nome del vostro dio e io invocherò il nome del Signore. Il dio che risponderà col fuoco è Dio!”. Tutto il popolo rispose: “La proposta è buona!”.

Elia disse ai profeti di Baal: “Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. Invocate il nome del vostro dio, ma senza appiccare il fuoco”. Quelli presero il giovenco che spettava loro, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: “Baal, rispondici!”. Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra intorno all’altare che avevano eretto. Venuto mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: “Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà”. Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione.

Elia disse a tutto il popolo: “Avvicinatevi a me!”. Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: “Israele sarà il tuo nome”. Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un canaletto, della capacità di circa due sea di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: “Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!”. Ed essi lo fecero. Egli disse: “Fatelo di nuovo!”. Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: “Fatelo per la terza volta!”. Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua. Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elia e disse: “Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!”. Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: “Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!”.» (1Re, 18, 21-39)

È il Mistero che provvede ad accendere il fuoco: alla creatura è chiesta l'umiltà di attingere il fuoco dove già esso già c'è.